26 FEB – Il vice presidente del Sumai, Gabriele Peperoni, ha partecipato lo scorso fine settimana ad un convegno sulla medicina di prossimità. Il suo intervento si è concentrato sulla necessità di “ripensare e innovare i modelli organizzativi in sanità, ancora oggi strutturati e focalizzati sul solo trattamento delle acuzie, che favoriscano le cure a domicilio”.

Napoli, mostra d’oltremare. Lo scorso fine settimana si è parlato della “Medicina di prossimità” e ci si è chiesti se “Tutti i percorsi portano al paziente?”. Domanda a cui ha cercato di rispondere, tra gli altri, anche il vice presidente del SUMAI Assoprof, Gabriele Peperoni, il quale ha iniziato il suo intervento sul spiegano che la medicina di prossimità è “una risposta adeguata e proporzionata ai bisogni di cura del cittadino fragile il più vicino ai propri luoghi di vita. Si attua attraverso una rete di professionisti (medici di famiglia, pediatri, specialisti ambulatoriali, dirigenti medici, infermieri) che garantiscono ai cittadini un’efficiente assistenza sanitaria sul territorio al fine di evitare un inutile ricorso alle strutture ospedaliere. Si propone di portare al centro quella che è la ‘sanita’ di prossimità’ cioè l’assistenza sanitaria di primo livello dove vive e lavora il cittadino”.

Da qui, secondo Peperoni “ripensare l’organizzazione del lavoro e delle professioni nel SSN in una chiave nuova, che guardi alle esigenze della comunità piuttosto che a quelle del territorio. Questo confronto introduce un elemento nuovo, non usa il concetto tradizionale di territorio ma usa il concetto nuovo di comunità. Il territorio è un concetto di spazio, la comunità è un soggetto sociale. Perché l’invecchiamento della popolazione e la prevalen­za delle malattie croniche rendono obsoleto un si­stema sanitario ospedalocentrico”.

Per il vice presidente SUMAI “occorre una nuova medicina del territorio centrata sul pazien­te, sul lavoro in team e in grado di assicurare, at­traverso strutture dedicate, presa in carico, conti­nuità di cura e integrazione socio-assistenziale”. Un sistema così pensato può infatti portare vantaggi tipo :” Ridurre considerevolmente i costi della sanità; allestire servizi sanitari più immediati ed efficienti; abbattere le liste di attesa; velocizzare i tempi di diagnosi e terapia; agevolare l’accesso alle informazioni sanitarie dell’utente, da parte dell’interessato, del medico curante e delle strutture di ricovero e terapia, quando necessario; snellire le pratiche burocratiche della gestione sanitaria periferica; favorire l’integrazione socio-sanitaria”.

È dunque necessario ridurre le distanze e questo oggi è possibile grazie anche alla “tecnologia che mette a disposizione nuovi sistemi di organizzazione interna (fascicolo sanitario, firma digitale, elaborazione informatica di informazioni, strumenti di diagnosi che raccolgono dati personali, device di monitoraggio che consentono una comunicazione continua, ecc.) e nuovi strumenti di relazione con i pazienti, obiettivamente più rapidi e funzionali (e-mail, WhatsApp, sms, internet che già oggi consentono di prenotare visite e esami comodamente da casa”.

In più c’è tutto il capitolo dedicato alla Telemedicina, che Peperoni introduce in questo modo “per Telemedicina si intende una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località.

La Telemedicina comporta la trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico nella forma di testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti”. Aggiungendo i relativi vantaggi “equità di accesso all’assistenza sanitaria (aree rurali, piccole isole); migliore qualità dell’assistenza garantendo la continuità delle cure (monitoraggio malattie croniche); migliore efficacia, efficienza, appropriatezza (utilizzo appropriato delle risorse, ridurre i rischi legati a complicanze e alla riospedalizzazione, ridurre i tempi di attesa, ottimizzando l’uso delle risorse disponibili); contenimento della spesa; contributo all’economia reale (si stima che il mercato per l’e-health abbia un valore potenziale di 60 miliardi di euro, di cui l’Europa rappresenta circa un terzo). I servizi di Telemedicina vanno assimilati a qualunque servizio sanitario diagnostico/ terapeutico. Tuttavia la prestazione in Telemedicina non sostituisce la prestazione sanitaria tradizionale nel rapporto personale medico-paziente, ma la integra per potenzialmente migliorare efficacia, efficienza e appropriatezza.

La Telemedicina deve altresì ottemperare a tutti i diritti e obblighi propri di qualsiasi atto sanitario”.

“Il rapporto medico – paziente – ha spiegato Peperoni – è quella particolare relazione che si instaura tra un professionista sanitario ed un paziente a partire da uno stato di malattia di quest’ultimo, e che è caratterizzata da specifici doveri e diritti morali e giuridici. È un rapporto asimmetrico in cui la parte più vulnerabile è il paziente, il quale è dipendente dalla competenza e dal potere del medico o dalle capacità del personale sanitario. Generalmente questa relazione si esplica all’interno di un contesto sanitario, pubblico o privato, o in un contesto domiciliare. Al di là dei problemi etici e deontologici, è essenziale il meccanismo di comunicazione del professionista sanitario. Una persona su tre trova nel medico scarsa disponibilità a orientarla tra i servizi. Una su quattro si confronta con un linguaggio troppo tecnico e poco comprensibile. Una su cinque dice che ha vissuto scarsa attenzione al dolore. D’altro canto, anche i medici riscontrano difficoltà per mancanza di personale e in un caso su cinque per cattiva organizzazione dei servizi. In aggiunta, non esiste ancora nel percorso di laurea del medico una formazione specifica sui temi della comunicazione e relazione”.

“La diffusione delle malattie croniche – ha concluso Peperoni – e la loro incidenza sulla spesa sanitaria (l’OMS stima che nel 2017 circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale sia stato speso per la gestione delle malattie croniche) aumenta la consapevolezza dell’urgenza di ripensare e quindi innovare i modelli organizzativi in sanità, ancora oggi strutturati e focalizzati sul solo trattamento delle acuzie, che favoriscano le cure a domicilio. Anche alla luce delle «distanze», e dei costi che queste comportano, è necessario ripensare nuovi modelli dove la tecnologia dovrà essere il fattore che definisca la presa in carico e gestione del paziente, tuttavia senza dimenticare che alla base del rapporto tra professionista e il cittadino sofferente rimane il meccanismo di cura più potente”.

Antonio Maddalena presidente del Congresso ha illustrato così i lavori “Il Congresso si è articolato in nove sessioni ed ha rappresentato l’occasione per condividere le esperienze accumulate in anni di impegno dedicato alle problematiche nei diversi setting e non solo, nell’ottica di una visione interdisciplinare. Vuole fornire a tutti gli operatori sanitari coinvolti un maggior grado di conoscenza e competenza sul percorso delle reti assistenziali per affrontare in maniera efficace ed appropriata le complesse problematiche cliniche, psico-sociali e funzionali della persona fragile. È l’occasione per proporre differenti e nuovi approcci terapeutico-diagnostici nei vari ambiti di intervento al fine di favorire la collaborazione fra tutti gli attori incentivando ed incrementando l’adozione dei percorsi assistenziali multidisciplinari.

Le sessioni fanno il punto sul paziente e sull’ingresso dello stesso nelle varie reti assistenziali con relatori ed esperti di assoluto valore e grande esperienza clinica e pratica, con una articolazione che prevede una trattazione delle cure domiciliari con particolare riguardo ai modelli organizzativi basati sulle reti assistenziali. Particolare interesse riveste la sessione relativa alla Comunicazione, quale strumento insostituibile per la corretta gestione dei pazienti. Non di meno stimolante è stata la sessione sulla Rete Oncologica, che ha messo a confronto vari esponenti del mondo scientifico e offerto spunti di confronto e approfondimento”.

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