17 SET – Lo dice il rapporto della Fondazione Gimbe, riportato su quotidianosanita.it. “Nell’ultimo decennio – si legge – tutti i Governi hanno contribuito a sgretolare il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), la maestosa opera pubblica costruita per tutelare la salute delle persone. Con il nuovo Esecutivo a breve impegnato nell’aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2019 e, soprattutto, nella stesura della Legge di Bilancio, la Fondazione GIMBE pubblica un report sul definanziamento 2010-2019 del SSN al fine di stimare, al di là dei proclami, la reale entità delle risorse necessarie a rilanciare la sanità pubblica”.
È quanto
afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE commentando
il report che analizza entità e trend del definanziamento del SSN nel periodo
2010-2019, traccia le prospettive a medio termine tenendo conto delle risorse
assegnate dalla Legge di Bilancio 2019 e delle previsioni del DEF 2019, analizza
le ragioni della mancata stipula del Patto per la Salute che rischia di
compromettere le risorse aggiuntive 2020-2021 e illustra la posizione
dell’Italia rispetto ai paesi dell’OCSE e del G7 in termini di spesa sanitaria.
Dal report emerge l’imponenza del
definanziamento pubblico 2010-2019, visto che tutti i Governi per fronteggiare
le emergenze finanziarie del Paese hanno ridotto la spesa sanitaria, di fatto
il capitolo di spesa pubblica più facilmente aggredibile:
– Il
finanziamento pubblico è stato decurtato di oltre € 37 miliardi, di cui circa €
25 miliardi nel 2010-2015 per tagli conseguenti a varie manovre finanziarie ed
oltre € 12 miliardi nel 2015-2019, quando alla sanità sono state destinate meno
risorse di quelle programmate per esigenze di finanza pubblica.
– In termini assoluti il
finanziamento pubblico in 10 anni è aumentato di € 8,8 miliardi, crescendo in
media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua
(1,07%).
– Il DEF 2019 ha ridotto
progressivamente il rapporto spesa sanitaria/PIL dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5%
nel 2021 e al 6,4% nel 2022.
– L’aumento del fabbisogno sanitario
nazionale per gli anni 2020 (+€ 2 miliardi) e 2021 (+€ 1,5 miliardi) è
subordinato alla stipula tra Governo e Regioni del Patto per la Salute
2019-2021, tuttora al palo.
– I dati OCSE aggiornati al luglio
2019 dimostrano che l’Italia si attesta sotto la media OCSE, sia per la spesa
sanitaria totale ($3.428 vs $ 3.980), sia per quella pubblica ($ 2.545 vs $
3.038), precedendo solo i paesi dell’Europa orientale oltre a Spagna,
Portogallo e Grecia. Nel periodo 2009-2018 l’incremento percentuale della spesa
sanitaria pubblica si è attestato al 10%, rispetto a una media OCSE del 37%.
– Tra i paesi del G7 le differenze
assolute sulla spesa pubblica sono ormai incolmabili: ad esempio, se nel 2009
la Germania investiva “solo” $ 1.167 (+50,6%) in più dell’Italia ($ 3.473 vs $
2.306), nel 2018 la differenza è di $ 2.511 (+97,7%), ovvero $ 5.056 vs $
2.545.
“Le prime dichiarazioni del neo Ministro della
Salute – continua Cartabellotta – non lasciano dubbi sulla volontà di
preservare e rilanciare una sanità pubblica e universalistica e di rifinanziare
il SSN». Infatti, Roberto Speranza ha identificato nella carta Costituzionale il “faro” per il suo
programma, affermando che “la spesa sanitaria non è un costo ma un investimento
per la salute”. Tuttavia, il Programma di Governo e il discorso per la fiducia
alle Camere del Premier Conte, al di là della volontà di attuare “un piano
straordinario di assunzioni di medici e infermieri”, contengono solo un
generico impegno a difendere la sanità pubblica, senza prevedere esplicitamente
il rilancio del finanziamento per il SSN. “In tal senso – puntualizza
Cartabellotta – la prima cartina al tornasole è rappresentata dall’imminente
Nota di Aggiornamento del DEF 2019: ad esempio, se si volesse attuare la
cosiddetta “Quota 10” proposta dal Partito Democratico (€ 10 miliardi di
investimenti aggiuntivi nei prossimi 3 anni) occorrerebbe incrementare il
rapporto spesa sanitaria/PIL almeno dello 0,2-0,3% per ciascuno degli anni
2020-2022”.
“Inoltre – continua il Presidente – considerato
che almeno il 50% degli oltre € 37 miliardi sottratti alla sanità pubblica
negli ultimi 10 anni sono stati “scippati” al personale dipendente e
convenzionato, il piano di assunzioni straordinarie di medici e infermieri
citato dal Programma di Governo se da un lato sicuramente contribuirà a
risolvere la carenza di risorse umane, dall’altro non concretizza nessun
rilancio delle politiche per il personale sanitario che non deve solo essere
adeguatamente “rimpiazzato”, ma soprattutto (ri)motivato con l’allineamento
delle retribuzioni a standard europei”.
“Pertanto se tutte le forze politiche del nuovo
Esecutivo dichiarano in maniera convergente di voler “difendere la sanità
pubblica” – conclude il Presidente – devono prendere atto che il tempo è ormai
scaduto: le parole non sono più sufficienti, ma servono azioni concrete in
tempi rapidi”.
La Fondazione GIMBE lancia dunque un appello al nuovo Governo chiedendo di:
– Prendere reale consapevolezza che
il rilancio della sanità pubblica richiede volontà politica, investimenti
rilevanti, un programma di azioni a medio-lungo termine e innovazioni di
rottura.
– Accelerare la stipula del Patto
per la Salute 2019-2021 per non perdere il finanziamento aggiuntivo già
assegnato dall’ultima Legge di Bilancio.
– Rilanciare la mozione già
elaborata dalla Commissione Affari Sociali della Camera, che richiede al
Governo di adottare iniziative per mettere in sicurezza le risorse per la
sanità pubblica.
– Definire un piano di
rifinanziamento del SSN che, nonostante le criticità della finanza pubblica,
dovrebbe già trovare riscontri oggettivi sia nella Nota di Aggiornamento del
DEF 2019, sia nella prossima Legge di Bilancio.
– Mettere in campo in maniera
tempestiva e integrata tutte le azioni per aumentare il ritorno in termini di
salute (value for money) delle risorse investite in sanità: dalla ridefinizione
del perimetro dei LEA secondo principi di efficacia e costo-efficacia
all’integrazione della spesa sanitaria con la spesa sociale di interesse
sanitario; dalla revisione delle detrazioni/deduzioni per spese sanitarie e
contributi versati a fondi sanitari integrativi, al disinvestimento da sprechi
e inefficienze.