Pochi giorni fa, la Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, ha elaborato un documento “Proposte riguardanti la carenza di medici specialisti e la valorizzazione delle professioni sanitarie non dirigenziali” il cui obiettivo è risolvere la carenza di specialisti.

Prima di entrare nell’analisi della proposta vorrei partire da una breve premessa. Recentemente il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha dichiarato “Il capitolo sanità, in questa fase di avvio del governo, conta molto, perché pesa molto nella vita delle persone”. Un pensiero pienamente condivisibile perché è vero, e lo sappiamo, che la salute “pesa molto” anzi moltissimo in quanto impatta proprio “sulla vita delle persone” che chiedono ad alta voce (e l’aumento delle liste d’attesa ne è la prova), vere competenze specialistiche in grado di risolvere i loro problemi di salute in tempi brevi evitando se possibile complicazioni ed acuzie.

Il documento delle regioni stima che oggi siano oltre “10mila i medici laureati e abilitati che non hanno potuto conseguire negli anni una specializzazione per il numero insufficiente di contratti di formazione specialistica finanziati dallo Stato” numero che nei prossimi anni sembra destinato ad aumentare. Per far fronte a questa situazione la proposta delle regioni prevede, per i prossimi tre anni, la possibilità per i medici di accedere al Ssn “oltre che con il diploma di specializzazione, anche con la laurea e l’abilitazione all’esercizio professionale, stabilendo l’utilizzo di tali professionisti all’interno delle reti assistenziali” modificando dunque l’art.15 del D.Lgs. n.502/1992.

Questa proposta a mio avviso rischia di far venire meno il valore della competenza che è garanzia di tutela della salute per i cittadini perché i medici che non hanno completato il percorso di specializzazione non hanno le competenza necessarie.

Se dobbiamo fare qualcosa per i circa 10.000 “camici grigi” allora facciamolo davvero, facendoli entrare nelle scuole di specializzazione e permettendogli di completare il proprio iter formativo.

Riformiamo le regole che disciplinano l’accesso nelle scuole di specializzazione che oggi vedono i giovani colleghi “rimbalzare” da una parte all’altra del Paese in cerca di accessi alle borse, accontentandosi spesso di seconde scelte pur di entrare. Salvo poi cambiare corso di specializzazione nel tentativo di esercitare la propria professione nella branca specialistica per la quale si sentono portati. Tutto questo bruciando parte delle già scarse risorse assegnate perché le borse abbandonate, come sappiamo, non vengono ri-assegnate.

Quanto detto si associa perfettamente ad un’altra frase detta dal Ministro Speranza: “La mia opinione è che le risorse che si mettono nella sanità non vanno considerate banalmente come una spesa, ma come un investimento straordinario sulla salute e sul benessere delle persone. Questo è un salto culturale che noi dobbiamo fare e lavoriamo per questo obiettivo”.

E allora apriamo le scuole di specializzazione. Assumiamo subito i 20.000 colleghi già specialisti e portiamo “a domanda” gli specialisti ambulatoriali a completamento orario perché gli specialisti già ci sono e sostituiamo, di volta in volta, chi andrà in pensione con gli attuali 34.400 specializzandi man mano che si specializzano.

Diamo la possibilità, ai medici specialisti che lo richiedano, di ottenere il raggiungimento del massimale orario settimanale di 38 ore previsto dall’ACN. In tal modo, la media nazionale attuale di 20 ore settimanale potrebbe passare nel medio periodo realisticamente a 32-33 ore settimanali, con un significativo aumento annuale delle prestazioni erogate e una rilevante riduzione dei tempi di attesa poiché, in media si calcola che per ogni ora di lavoro siano erogate 3 prestazioni.

Abbiamo calcolato che aumentando la media nazionale soltanto di 1 ora – passando da 20 a 21 ore settimanali per singolo specialista – si svilupperebbero 894.510 ore lavorate annue con un costo annuo pari a € 30.252.320 corrispondente al pieno impiego di 453 specialisti a 38 ore settimanali.

Pertanto, se per ogni ora di lavoro sono erogate 3 prestazioni sanitarie, 1 ora in più di lavoro alla settimana comporterebbe 2.683.530 prestazioni in più all’anno su tutto il territorio nazionale.

Chiediamo dunque alle Regioni di non abbassare le competenze. Tutti noi cittadini, compresi medici e politici, potremmo avere nell’arco della nostra vita problemi di salute e aver bisogno di uno specialista competente e non di un collega che, seppur bravo, non ha le vere competenze poiché non ancora adeguatamente formato.

Quindi evitiamo di dare il via libera per i prossimi tre anni all’assunzione di medici senza specializzazione; si snelliscano le procedure concorsuali per la dipendenza; per i convenzionati si portino al massimale delle ore quelli che già ci sono con incarichi a tempo indeterminato e poi si attinga dalla graduatoria dove ci sono già specialisti che attendono, anche da anni, di entrare nel SSN.

Agevoliamo il ricambio generazionale con giovani competenti e con contratti a tempo indeterminato. Basta con i contratti a termine che spingono i giovani colleghi ad andare  all’estero. Vogliamo ricordare che la carenza di medici è diventata insostenibile soprattutto perché oltre il 43% dei medici in attività ha superato i 60 anni ed un ulteriore 34% è tra i 50 e i 60 anni.

Siamo ancora in tempo per compensare l’emorragia legata all’esodo dalle strutture pubbliche ma evitiamo soluzioni che rischiano di abbassare il livello di competenze e il trasferimento di mansioni a personale meno specializzato, solo perché a costi più bassi.

È positivo, e dunque apprezzabile, che le regioni affrontino la questione della Formazione post lauream dei Medici come strumento efficace per colmare la carenza di specialisti, ma è necessaria una riforma organica e strutturale della Formazione, che, come afferma il Presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli,“faccia diventare il percorso formativo un unicum, assicurando, per ogni laurea, una specializzazione”.

Ribadiamo insieme a lui che i medici neolaureati, senza un adeguato percorso formativo di specializzazione, non possono lavorare nel Servizio Sanitario Nazionale.

Come SUMAI Assoprof siamo sempre pronti a partecipare ad un Tavolo di lavoro insieme al Ministero e alle Regioni per approfondire i temi e trovare assieme le soluzioni che possano migliorare l’assistenza ai cittadini, la qualità del Ssn valorizzando la professionalità delle migliaia di medici che ci lavorano.

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