In questi mesi il contrasto al Covid-19 ha dettato l’agenda sia politica che sanitaria e ora che il contagio dà concreti segni di rallentamento il nostro Paese è entrato cautamente nella Fase due. Fase due che riprende anche per la sanità con la riapertura delle attività negli ambulatori del Ssn. Quindi i pazienti potranno nuovamente aver accesso, in condizioni di sicurezza, alle visite specialistiche ambulatoriali nella Aziende ASL e Ospedaliere.

Questo almeno in teoria. In pratica, infatti, c’è il rischio concreto che le tanto temute liste d’attesa, a causa del blocco delle attività dovuto all’emergenza Covid-19, diventino ancora più lunghe impedendo di fatto ai cittadini l’esercizio del diritto alla cura sancito dall’art. 32 della Costituzione.

Cosa fare dunque per impedire tutto ciò e garantire l’assistenza ai circa 24 milioni di cronici che vivono in Italia e che sono seguiti quotidianamente dagli specialisti ambulatoriali?

La risposta è: aumentare il numero di specialisti ambulatoriali destinati alle strutture delle Asl e degli ospedali in modo da aumentare il numero delle ore di assistenza specialistica lavorate e offrire, conseguentemente, una risposta sanitaria adeguata alla popolazione.

Tutto ciò le regioni possono farlo già adesso utilizzando a pieno il monte ore esistente e quello non utilizzato, ai sensi dell’ACN 31 marzo 2020, nonché le ulteriori risorse previste nell’articolo 2 sexies del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, da poco entrato in vigore, meglio noto come Cura Italia.

Il potenziamento delle ore di specialistica ambulatoriale destinate alle visite specialistiche negli ambulatori delle Aziende ASL ed Ospedaliere è quanto mai urgente poiché la Fase 2, per ragioni di sicurezza, costringe le Aziende sanitarie e Ospedaliere ad allungare i tempi di appuntamento tra un paziente e l’altro per poter garantire il distanziamento sociale negli ambulatori e nelle sale d’attesa nonché le necessarie attività di triage, la sanificazione delle sale visita e degli ambienti destinati ad attività di cura e diagnosi, comprese quelle di diagnostica strumentale e di immagine.

Quindi se le Regioni non aumenteranno gli specialisti ambulatoriali i cronici pagheranno un prezzo altissimo in termini di risposta di salute e di appropriatezza delle cure.

Se così non sarà ritorneremo al passato con i malati che per avere esami rapidi vanno negli ospedali intasandoli e in più, ora, mettendosi a rischio contagio con conseguenze drammatiche per tutti. È già successo, lo abbiamo visto, e vorremmo evitare che si ripeta.

L’Ospedale non può occuparsi di tutto: dell’acuzie e della post acuzie. I medici di Famiglia, dal canto loro, senza il supporto degli specialisti e di una rete di servizi territoriali si sono trovati soli, e in difficoltà, a fronteggiare l’emergenza epidemica pagando per questo anche con un tributo altissimo.

La medicina generale e l’assistenza infermieristica sono state potenziate con provvedimenti mirati. Adesso bisogna urgentemente potenziare anche la specialistica ambulatoriale. Finora qualcosa è stato dato ma, se guardiamo al totale delle risorse, ci rendiamo conto che si tratta di briciole. Ora è il momento di investire sulla specialistica ambulatoriale convenzionata interna altrimenti andremo incontro agli errori del passato che ci hanno portato a questo presente e che pagheremo in futuro.

Antonio Magi, segretario generale SUMAI Assoprof

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