“Questi due anni di Pandemia purtroppo non ci hanno insegnato nulla e ancora una volta, anche noi del SUMAI Assoprof, siamo costretti a sottolineare che il personale sanitario necessario al fabbisogno è insufficiente: mancano i medici chirurghi, gli odontoiatri, gli infermieri, i tecnici, gli psicologi, i biologi, i medici veterinari, i chimici”. Così Luigi Sodano intervenuto stamattina durante la Conferenza Nazionale sulla questione medica organizzata dalla Fnomceo. 

“In particolare, tra i medici chirurghi dovremmo avere più medici di medicina generale, più specialisti ambulatoriali territoriali e più specialisti ospedalieri. Facendo sintesi possiamo affermare che senza operatori sanitari non si fa sanità, si fa altro.

E quando dico “si fa altro”, intendo dire che c’è l’assalto alla diligenza, il PNRR, che con i suoi miliardi destinati alla sanità è diventato attrattivo per chi vuole costruire case della comunità, per chi vuole costruire ospedali di comunità, per chi vuole vendere attrezzature elettromedicali, devices e piattaforme di telemedicina, per chi vuole rafforzare l’infrastruttura tecnologica ed il Fascicolo Sanitario Elettronico, per chi vuole proporre programmi di formazione per medici e via dicendo. 

Qualcuno ha pensato agli utenti finali? Agli utilizzatori? Al personale necessario per far funzionare il sistema?

Avremo software ai quali noi medici e il personale sanitario tutto dovrà adattarsi, pensati e realizzati senza avere ascoltato le nostre esigenze e che, molto probabilmente come già successo in passato, allungheranno i tempi del medico davanti al computer ridicendo il tempo di cura da dedicare al paziente.

Apparecchiature per diagnosi e cura che probabilmente andranno dove magari non servono o attrezzature non consone o adatte a chi le deve usare e che però ne avrà la responsabilità davanti ai cittadini.

In sostanza un’importante quantità di denaro che però in assenza del personale necessario non risolverà i problemi di accesso alla salute degli italiani, indebitando per i prossimi anni il Paese e i nostri figli e dando utili a pochi soggetti.

C’è sempre più necessità di prossimità, le farmacie si propongono come presidio di prossimità, addirittura le Poste Italiane propongono le loro agenzie diffuse sul territorio come presidi sanitari di prossimità, anche con strumenti di telemedicina e quindi per antonomasia non di prossimità ma da remoto!

Come ridurre le lunghe liste d’attesa per prestazioni specialistiche che non necessitano di ricovero? Come evitare che i pazienti non trovando lo specialista sul territorio vadano impropriamente al pronto soccorso o a pagarsi la prestazione in privato? Come SUMAI Assoprof, il sindacato che nel territorio ha il suo perimetro d’azione quotidiano abbiamo a cuore il dramma delle liste d’attesa perché ascoltiamo i pazienti e le loro difficoltà nel prenotare le visite. 

Eppure sembrerebbe che l’idea di governare il problema delle liste sinora perseguita sia quella di farlo senza i medici specialisti ambulatoriali interni. Più volte, il ministro lo sa perché ne abbiamo parlato con lui, abbiamo proposto di dare la possibilità agli specialisti ambulatoriali già in servizio nelle ASL di arrivare al massimale orario di 38 ore settimanali, ma si sa che le soluzioni ovvie non vanno bene. Dunque meglio buttare le risorse economiche in progetti di abbattimento per brevi periodi di tempo invece che provare a realizzare soluzioni strutturali in grado di governare il fenomeno in maniera definitiva.

Come SUMAI Assoprof raccogliamo le numerose testimonianze di colleghi specialisti ambulatoriali che lamentano il fatto di lavorare sempre più spesso in ambienti fatiscenti, senza attrezzature moderne, spesso in solitudine. Sappiamo che quando vanno in pensione non vengono sostituiti nonostante le norme ne prevedano obbligatoriamente la sostituzione con il pieno utilizzo delle risorse economiche liberate da destinare ad un collega più giovane. E invece no, si preferisce non sostituire lo specialista andato in pensione preferendo promuovere manifestazioni di interesse o precariato. 

Non prendiamoci in giro le soluzioni ci sono ma non si vogliono perseguire e questo discorso purtroppo vale anche negli ospedali dove non si fanno concorsi.

Se siamo qui riuniti in occasione della prima Conferenza nazionale sulla Questione medica è perché evidentemente c’è un problema che riguarda tutti noi. Il nostro Ssn non è più attrattivo. Lo dicono i numeri che testimoniano l’emorragia di colleghi in uscita dal sistema pubblico. 

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n conclusione, spero veramente che tra di noi non ci sia chi pensa di poter sostituire il medico, la sua conoscenza, la sua professionalità con la tecnologia. Non cercate soluzioni fantasiose che non risolvono il problema e piuttosto stabilizzate i precari, assumete i giovani, aumentate le ore agli specialisti ambulatoriali. Ascoltate noi medici che lavoriamo nel sistema, dateci fiducia perché senza di noi non si fa la sanità.

Nel corso della manifestazione è stata presentata anche un’indagine condotta dall’Istituto Piepoli su input della Fnomceo: LA CONDIZIONE DEI MEDICI A DUE ANNI DALL’INIZIO DELLA PANDEMIA DA COVID – 19 -risultati indagine quantitativa.

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