Questa mattina sul quotidiano “La Repubblica” Arianna Di Cori firma un’intervista al segretario generale del SUMAI Assoprof, Antonio Magi in cui si parla di liste d’attesa, mancanza di specialisti e intramoenia.
“Tutto quello che denunciamo da mesi sta accadendo – esordisce Magi – . O si cambia passo adesso, o non ce la faremo” essendo il sistema “inadatto a venire incontro alle necessità di salute sempre maggiori dei cittadini”.
La giornalista ricorda che “il ministro Speranza, in un’intervista a Repubblica, ha annunciato stanziamenti per un ulteriore miliardo per abbattere le liste d’attesa. Servirà a qualcosa?”
“Temo di no – risponde il segretario del SUMAI –. C’è sordità da parte dei decisori politici, sia locali che nazionali. Ci si continua a basare su modalità che appartengono al passato, non abbiamo fatto tesoro di quello che è successo”.
Magi quindi aggiunge “abbiamo toccato con mano cosa vuoi dire avere a che fare con una popolazione sempre più anziana, con tante patologie. Servono risposte rapide dal territorio, non mesi di attesa – II risultato lo vediamo nel sovraffollamento dei Pronto Soccorso.
La gente si rivolge ai reparti di emergenza anche per fare un’ecografia, una visita specialistica”.
Mancano gli specialisti? Chiede l’intervistatrice ma la risposta è che questa è “solo una scusa. Stiamo facendo andare via i medici”
Magi in proposito ricorda e aggiunge che da gennaio ha firmato in veste di presidente dell’Omceo di Roma “500 lettere di good standing”, ovvero le autorizzazioni richieste dai camici bianchi per andare a lavorare all’estero. E i medici che in maggior numero lasciano l’Italia continua il segretario del SUMAI sono “i giovani, in particolare le donne”. Questo perché all’estero “si guadagna il quadruplo e ci sono servizi per la maternità”
Questo il problema ma quali sono le soluzioni prospettate dal SUMAI? “Solo nel Lazio – spiega – abbiamo 1500 specialisti ambulatoriali interni. Medici che lavorano per le Asi, che firmano contratti anche solo per 5,10 ore d’impiego a settimana, nonostante, per legge, potrebbero lavorarne 38. La media nella nostra regione sono 20 ore a settimana per specialista. Se solo si portassero tutti a 38 ore, sarebbe come assumere il doppio delle persone, e le liste di attesa si dimezzerebbero. La Regione potrebbe farlo da domani”.
La giornalista chiede allora come mai gli specialisti si trovano sempre quando si paga per una prestazione. “Certo – risponde il segretario del SUMAI – perché stanno svolgendo attività in libera professione: la legge lo permette, si tratta di ore fuori dall’orario di lavoro. È paradossale: le attrezzature utilizzate in intramoenia sono le stesse utilizzate per le visite in regime pubblico. (…) Se i medici venissero impiegati per più ore dalle aziende sanitarie, quelle stesse macchine sarebbero a disposizione della cittadinanza, solo a fronte del pagamento del ticket. E invece, si appaltano i servizi a cooperative e a privati, a caro prezzo”.