Ieri pomeriggio presso l’Aula della Camera si è svolta la discussione sulla mozione Faraone (IV) ed altri n. 1-00224 concernente iniziative in materia di disciplina della responsabilità professionale degli operatori sanitari e per il superamento delle criticità connesse alla carenza di organico del personale.

Oltre alla mozione di Italia Viva anche il Partito Democratico, prima firma Girelli (1-00225 ) e  il Movimento Cinque Stelle, prima firma Ricciardi (1-00226), hanno presentato mozioni sullo stesso argomento.

La deputata Maria Chiara Gadda (IV), illustrando la mozione, ha ricordato la grandissima carenza di personale nella sanità, il grande tema della stabilizzazione dei precari e del rinnovo dei contratti, la questione del taglio alle pensioni. La mozione pone però, insieme a queste considerazioni di contesto, anche un tema molto specifico, quello della medicina difensiva. Il tema è molto delicato perché bisogna ottemperare a due necessità: quella dei cittadini che lecitamente devono potersi rivalere di fronte a situazioni particolarmente negative di malasanità che hanno un impatto sulla vita del paziente e della famiglia; dall’altro lato, le condizioni di sistema, ma anche normative, a cui probabilmente è necessario fare un tagliando, stanno mettendo davvero in difficoltà anche il nostro personale sanitario.

La medicina difensiva di fatto si evidenzia e si declina nella possibilità, proprio per evitare di incorrere in sanzioni e in processi, sebbene i tribunali siano pieni di cause a cui, peraltro, non viene dato corso, di prescrivere terapie in sovrabbondanza oppure di non prescrivere quegli esami più delicati e più invasivi che talvolta, invece, possono essere dei salvavita.

Nicola Stumpo (PD) ha ricordato che ci sono circa 35.000 nuove azioni legali l’anno e circa 300.000 intasano i tribunali del Paese. Il 90 per cento di queste azioni legali finisce nel nulla, perché spesso sono figlie non di errori, ma di situazioni in cui è dovuto incorrere in una mancanza di salute prova a scaricare la propria frustrazione nelle eventuali ingiustizie che invece non aveva subito.

Il PD pensa sia giusta una vera depenalizzazione dell’atto medico, fatte salve quelle situazioni nelle quali si possa riscontrare la colpa grave o il dolo.  

Anche Andrea Quartini (M5S), ricordato che si parla di 300.000 cause per colpa medica e 35.000 richieste di risarcimento ogni anno, ha evidenziato che il problema della cosiddetta medicina difensiva dovrebbe essere affrontato in tre modi. Prima di tutto far riemergere la prevenzione e cercare di evitare la cronicizzazione di problemi importanti; occorre fare molto lavoro e molta formazione anche su quella che dovrebbe essere la capacità di revisionare continuamente le terapie, per arrivare a una riconciliazione terapeutica; occorre agire sul mercato dei farmaci, per capire il valore terapeutico aggiuntivo dei nuovi farmaci rispetto alle terapie che già conosciamo.  

Secondo Imma Vietri (FdI), nel campo sanitario, così come in altri settori caratterizzati da attività a elevato rischio, occorre privilegiare le esigenze della prevenzione rispetto alla ricerca del colpevole, fermo restando il soddisfacimento del diritto dei danneggiati al risarcimento dei danni.

Per far fronte a tale problema e riportare maggiore tranquillità tra chi opera nelle corsie degli ospedali è necessaria la limitazione dei casi di punibilità penale del personale sanitario alle sole condotte caratterizzate da dolo o colpa grave, arginando altresì il ricorso alle liti temerarie. Inoltre, si devono garantire nelle strutture sanitarie condizioni di lavori idonee e tali da contenere il fenomeno della medicina difensiva.

Infine secondo Annarita Patriarca (FI) la medicina difensiva, considerata espressione del disagio degli operatori sanitari, rappresenta solo una delle cause del sovrautilizzo dei servizi e delle prestazioni sanitarie. Occorre riformare la disciplina della responsabilità medica e bilanciare la protezione degli operatori sanitari da azioni legali ingiuste con la tutela dei diritti dei pazienti danneggiati da negligenza medica. Si devono evitare le condotte attive e omissive, consapevoli o inconsapevoli, che non obbediscono alle necessità reali del paziente, ma all’intento di evitare rischi di denunce che derivano da atteggiamenti quali prescrizioni di esami e terapie non necessarie o scelte, evitabili, di interventi o procedure diagnostiche, che producono effetti devastanti sul sistema sanitario nazionale, in termini, da un lato, di costi e di disagi, quali l’allungamento, per esempio, delle liste d’attesa.

A fine discussione il governo si è riservato d’intervenire in altra seduta.

Fonte Westminster srl

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